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Narrative Pieces

20.10.23 — 20.12.23

Baldo Diodato, Paula Doepfner, Felix Kiessling, Schirin Kretschmann, Cyrill Lachauer, Daniel Lergon, Vettor Pisani, David Prytz, Sarah Ancelle Schönfeld, Yorgos Stamkopoulos, Philip Topolovac

 

 

La Galleria Mario Iannelli ha il piacere di presentare “Narrative Pieces”, una mostra che esplora le narrative degli artisti attraverso una selezione di opere che sono state lavori unici e scritture nello spazio.

 

La mostra continua il focus sulla documentazione dell’attività della galleria dopo le recenti presentazioni del libro “Work in process II 2021-2023” e della mostra “Spazio. Fotoreportage di Roberto Apa e Laura Gianetti nella Galleria Mario Iannelli”.

 

Nei suoi lavori quali “Tabula rasa”, “When the bridge ends, the satellite begins”, “Exocenter”, David Prytz imposta narrative che intrecciano le dinamiche del cosmo con quelle quotidiane in installazioni che assemblano materiali grezzi animati da movimenti cinetici, minerali fusi (“Dumb Alchemy”), disegni geometrici (“Literal Geometry”), lavori grafici (“I try to be precise”, “I try to be precise, again”) e fotografici in cui l’immagine è costituita da fotogrammi in movimento. Altri lavori esposti di Prytz si concentrano più direttamente sul linguaggio (l’opera audio “In a minute a thousand years”, l’opera video “Now, Diaspora” e il ciclo di disegni in cui le forme geometriche diventano i “Protagonists”).

 

Le azioni e le tecnologie manipolate che Felix Kiessling ha presentato con la galleria, quali forare la terra in due punti opposti del globo (“Earth Piercing”), toccare un vulcano sottomarino con una corda e un peso (“Vavilov”), un pezzo di grafite legato alla lancetta di un orologio che continua a girare su un cartoncino (“Zeitzeichnung”), la luce della galleria che si illumina ogni volta che un fulmine cade sulla terra (“Schmetterling”), mettono di fronte a forze naturali e tecnologiche su cui non si ha il controllo. In questa vertigine viene sperimentata in tempo reale la dissoluzione dell’equilibrio cognitivo attraverso una de-costruzione che permette di percepire una più ampia connessione tra gli elementi e i fenomeni.

 

L’opera multimediale di Paula Doepfner - esposta in galleria nelle mostre personali “Next Time I See You”, “Half my soul belongs to you”, “Took me way down to that red hot land” - comprende lavori testuali su carta, oggetti in vetro rinforzato, installazioni in vetro, ghiaccio e materiale organico, con l’aggiunta di performance sonore. I suoi disegni, realizzati con testi in miniatura scritti a mano su una carta giapponese sottile, si basano su disegni fatti durante l’osservazione di interventi chirurgici al cervello. I testi sono tratti dalla documentazione medica in tema di diritti umani e dalla ricerca neuro-scientifica e portano le tracce di fonti filosofiche e lirico-poetiche.

 

I reperti archeologici del presente di Philip Topolovac creano modelli per la proiezione dei desideri che vanno oltre le ideologie. Nella ricerca del margine, sia esso nel cosmo che nella terra, rappresenta la vita interiore dei suoi soggetti, quali i “Satellites”, satelliti inutilizzati e dispersi come spazzatura spaziale, i “Bunker” in cui sono esposti reperti della vita quotidiana riaffiorati da un passato sepolto dalla guerra, i “Cork models”, modelli in sughero di rovine industriali in cui sono sorti techno-clubs, o di monumenti (“Braciere - Colosseo Quadrato”), i calchi in resina di luoghi anonimi (“Mapping”) o i calchi in gesso di satelliti e statue religiose (“Celestial Debris").

 

Le ricerche di Schirin Kretschmann e Baldo Diodato si rivolgono altrettanto ad un luogo come origine per una narrativa che della dimensione fisica e spaziale dell’opera che interagisce con il pubblico e della durata fanno la loro cifra stilistica.

 

Nelle installazioni site-specific di Schirin Kretschmann in cui formati di grasso reagiscono sul muro (“Labor II”) fino al collezionare la pittura rimossa al loro termine (“Collecting loss”, “Labor/Wall”), sono osservabili i cambiamenti di stato dell’opera e attraverso essi i cambiamenti di un luogo.

 

Sin dagli anni Settanta Baldo Diodato dà luogo a opere-performance che sono nate nei linguaggi d’avanguardia americani e si sono confrontate poi con numerosi altri luoghi calcati individualmente e collettivamente (tra cui 1974 “Sculture viventi”, Philadelphia, 2002 “Marcaurelio”, 2010 “Squares of Rome”, 2016 “You Are Here” 13 Piazze di Roma).

 

La presenza dell’elemento narrativo nella pittura di Yorgos Stamkopoulos consiste nel tempo in quanto l’immagine è depositaria di tracce sedimentate e gestuali che definiscono il movimento interno del quadro o coinvolgono l’osservatore nello spazio come nell’installazione ambientale “Trajectory”. La frammentazione fenomenologica dei suoi quadri è intesa a dare rilievo all’esperienza del fruitore.

 

I quadri di Daniel Lergon sono dei potenziali di visione, dei materiali e della luce e del segno nello spazio, nella stratificazione e nella interferenza tra le superfici (“Unter Grün", “Lines and Grids”). In linea con la potenzialità di visione, i suoi primi lavori si sono confrontati con i fenomeni ottici del cosmo.

 

Nelle sue narrative Sarah Ancelle Schönfeld mette in relazione dimensioni macro e micro biologiche in una science-fiction in cui emerge l’origine magica della scienza.
La memoria è conservata in liquidi del corpo, di pulizia, droghe sintetiche, pelli di mucca, linguine di seppia, ciglia umane, farmaci, per tracciare una nuova cosmologia (“All you can feel”, “Universal Cleaner”, “Shamanistic Travel Equipment”, “Snake Dance”, “Linguine Oracle”, “Score of Wishes”, “ASS”). Il nuovo linguaggio è inoltre testato in laboratori aperti durante le mostre.

 

Nella stessa prospettiva cosmologica dello sciamano secondo Sarah Ancelle Schönfeld sta quella dell’errante secondo Cyrill Lachauer.
I suoi “narrative landscapes" invitano ad una differente lettura del paesaggio e del concetto di confine all’interno di una ricerca antropologico-estetica sulla crisi della società occidentale, in particolare quella americana osservata nei suoi estesi viaggi negli Stati Uniti (“Full service. From Walker River to Wounded Knee”, 2012-2014 e “The Adventures of a White Middle Class Man. From Black Hawk to Mother Leafy Anderson”, 2016/2017, esposti in “When you smell the smoke on your skin, the fire’s long gone”). Nei suoi recenti viaggi in America indaga sulla figura dell’errante inteso come un’ideale di resistenza ed uno stato che rende possibile narrative al di fuori delle tradizionali forme di fare mondo.
Il suo originale stile narrativo non è definibile in una categoria essendo un lavoro unico in cui convergono fotografia, video, letteratura ed opere sonore in collaborazione con musicisti.

 

Nel teatro filosofico di Vettor Pisani viene de-costruito il linguaggio attraverso un’alchimia dell’immagine o della performance in cui sacro e profano si incontrano nel racconto della tragedia dell’Io e della Storia della società occidentale.
La sua tipica narrazione che respira insieme l’eternità e l’esilio, la follia ed il gioco umoristico, è presente anche nelle sue opere letterarie (“Edipo Borderline”, “German Love Sinfonietta", "L’ano lunare di Lou Salomé”) e nelle sue biografie in cui era solito sovrapporre realtà e finzione.
Nel “Vero Falso d’Autore”, che consiste nell’appropriazione - interpretazione dell’opera di altri artisti nella propria narrativa, risiede la cifra autentica del lavoro di Vettor Pisani sin dagli esordi negli anni Settanta nella sua prima mostra in cui ha dato un’interpretazione al lavoro esoterico di Marcel Duchamp.

 

Entrando nella galleria l’opera luminosa di Kiessling impegna lo spazio intessendo una relazione tra il mondo esterno e la mostra a partire dalle opere di Prytz e Kretschmann.
La sua opera “Schmetterling (Biest)” connessa in tempo reale ad eventi di fulmini globali si fonde idealmente attraverso l’opera “Glass Work” di Kretschmann nella foto-incisione di Prytz. Quest’ultima sembra riprodurre l’effetto sfarfallante della luce e specchia inoltre la processualità dell’opera dell’altra perché consiste in una heliogravure di un frammento di una fotografia realizzata tramite lo scorrimento di un intero rullino fotografico in una singola immagine, lo stesso procedimento di Kiessling che fa convergere “l’effetto farfalla” in un punto.

 

La lastra di vetro di Kretschmann, come una pagina bianca da cui parte la narrazione della mostra, riflette lo spazio della galleria e una storia in essa accaduta, introducendo alla risonanza delle opere fra loro.
Ne sono complemento nella seconda sala il formato scritto, riempito di lettere minutissime su carta trasparente sottile nell’opera “But where are you tonight, sweet Mary II” di Doepfner e con esso le narrative delle opere che attivano attraverso una sorta di alchimia dei materiali o dei concetti un’esperienza del passato in forme nuove nel presente: un’ideologia oltrepassata nell’opera “Braciere- Colosseo Quadrato” di Topolovac, il calco in bronzo del “calco della Storia” di Baldo Diodato, le costellazioni di aspirina fuoriuscite da buchi neri nell’opera fotografica di Schönfeld, la pittura fenomenologica sia di Lergon che di Stamkopoulos, il paesaggio velato da un fumogeno nella fotografia di Lachauer, tra cui chiude la “Pietra Filosofale” di Vettor Pisani, sospesa nello spazio, verso cui ritornano tutte le opere in un cerchio ideale, per l’essenzialità del processo e dell’autorialità e per la connotazione concettuale e filosofica delle loro ricerche tesa a interrogare il presente.

 

La narrazione è un dialogo dell’opera e del pensiero dell’artista con l’ambiente, che innesca un’osmosi fra la vita e l’arte e delle dimensioni da loro cercate.
La particolare caratteristica di questa arte concettuale e narrativa è identificare l’oggetto nel processo superando la tradizionale dicotomia di questo con il soggetto.
L’artista e lo spettatore sono coinvolti nella stessa posizione, a cui spetta la singolare interpretazione.

 

Nell’arte concettuale che parte dagli anni Sessanta e Settanta, pratiche di sperimentazione con la parola scritta hanno dato vita a performance del corpo secondo la proporzione parola : pagina = azione : realtà (Mario Diacono, “Vito Acconci. Dal testo-azione al corpo come testo”, 1975).
Nel percorso tracciato dalle opere esposte, questo passaggio si trova nell’opera di Baldo Diodato, nell’idea che potesse essere percorribile ed abitabile (“Cubi Scomponibili”, 1967) e realizzata dal pubblico che cammina nello “spazio-tempo” dell’opera (“Sculture viventi”, 1974).
Nello stesso tempo, in Italia negli anni Settanta l’arte concettuale si carica di una temperie critica e profetica con artisti quali Vettor Pisani e Gino De Dominicis (“Lo Scorrevole” di Vettor Pisani, “Gino De Dominicis vi guarda”, Documenta Kassel 1972).
Oggi, le ricerche concettuali contemporanee esposte in mostra, nel loro essere inter e multi disciplinari, sviluppano l’elemento narrativo attraverso una relazione più integrata tra linguaggio, media e contesti che possa veicolare nella società temi complessi.
Entrando in contatto con altri linguaggi - fra questi quello della scienza, dell’antropologia, dell’archeologia e della filosofia - l’arte coinvolge l’intera esistenza umana ed il suo significato in una visione relazionale.

 

In conclusione, la narrazione complessiva della mostra intende quindi mettere in luce un ripetersi continuo di nuove forme di linguaggio nella società che ridefiniscono confini di rappresentatività per mezzo di operazioni concettuali che forgiano sia il soggetto che il mondo.

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