Newsletter
EN

Paula Doepfner: Took me way down to that red hot land

04.10.22 — 28.10.22

La Galleria Mario Iannelli è lieta di presentare “Took me way down to that red hot land”, una mostra personale di Paula Doepfner dal 4 al 28 ottobre 2022. Inaugurazione il 4 ottobre dalle ore 18.


La terza mostra personale dell'artista in galleria includerà disegni recenti e una selezione delle sue opere su carta dal 2011.

 

Paula Doepfner realizza disegni su carta trasparente, composti da lettere minuscole (Ø 1 mm) che formano linee che diventano immagini testuali.
Le opere non sono astratte ma si basano su schizzi realizzati durante l'osservazione di interventi chirurgici al cervello e autopsie presso l’ospedale universitario Charité di Berlino. Rappresentano cellule nervose alienate e aree del cervello.


Le righe di testo sono tratte da fonti filosofiche, lirico-poetiche e della ricerca neuro-scientifica.
Nei disegni più recenti, le parole provengono da referti medici delle Nazioni Unite sulle indagini e sulla documentazione della tortura, il “Protocollo di Istanbul” (“It’s a long, long lane that has no turning”, 2022), da poesie di Anne Carson e canzoni di Bessie Smith (“Took me way down to that red hot land”, 2022), così come da estratti da “L’uomo senza qualità” di Robert Musil (“The blues came along and drove my spirit away”, 2021).
La mostra prende il titolo da una canzone di Bessie Smith, che nel 1929 incise una canzone blues sui fantasmi della guerra.


Concentrandosi sulle opere di Doepfner su carta, la mostra include una serie di disegni di singole cellule nervose, “You keep yours and I hold on to mine” (2011) e il disegno “Blues on my mind, blues all around my head” (2018). Altre opere si riferiscono più ampiamente alla ricerca dell'artista: “Unthought of, though, somehow” (2014), un lavoro realizzato con inchiostro su carta gampi su cui è stata innestata una pianta essiccata, l’acquarello “I saw the first fall of snow, I” (2022) e l’opera su carta contenuta nell’installazione con il ghiaccio “I got a letter this morning” in occasione della sua seconda mostra in galleria, intitolata “Half my soul belongs to you” (2021), con testi di Giuseppe Ungaretti e Sylvia Plath.

 

Se prendiamo ad esempio "Ulisse" di Joyce e leggiamo le prime due pagine, probabilmente non ricorderemo tanto quanto se dovessimo scriverle.
L'atto di scrivere qualcosa ci costringe a correggere gli errori, poiché ci concentriamo su ogni parola, elemento o parte del testo che ricordiamo proprio perché l'abbiamo scritto.
Questo esperimento potrebbe essere contagioso. Potresti anche pensare che leggere qualcosa senza scriverlo non sia più possibile.
Potrebbe anche essere esaltante. Soprattutto, sarebbero le decisioni che prendiamo a contare. Ci si interroga sulle ragioni dei cambiamenti, e il risultato finale sarebbe un nuovo testo.
Ad un certo punto, semplicemente copiando, ne saresti parte, diventando più consapevole del mondo che ti circonda. Questo è il momento di fusione tra la coscienza dell'autore e la tua propria.
Copiare un testo significa estrapolare la sua anima e lavorare sulla capacità di conoscenza di te stesso. Non si tratta solo di come vengono utilizzate le basi del linguaggio, ma della possibilità di pensare al linguaggio in un modo nuovo, poiché la disattenzione del lettore non è più un’opzione.

 

Per Paula Doepfner, non si tratta solo di copiare un testo, ma anche di non correggerlo, come pratica meditativa. Il riferimento all'"Ulisse" di Joyce ci aiuta a capire soprattutto che Doepfner sta visualizzando un flusso di coscienza nelle sue opere.
È possibile leggere le parole e i loro minuscoli caratteri, ma lentamente, alla stessa velocità con cui l'artista le ha scritte.
Attraverso questi scritti entra in un territorio che funge da spazio relazionale, unendo in una sola temporalità diverse.
In questa dimensione Paula Doepfner crea legami di reciprocità tra realtà sociali e politiche, filosofia, poesia e sistemi naturali.

 

Il termine "scrittura non creativa", termine radicato nella poesia visiva e utilizzato per descrivere il lavoro di Kenneth Goldsmith ("Scrittura non creativa", Edizioni Nero, 2019), fa ben poco per riconoscere l'immenso sforzo che va in questa tipologia di scrittura, che offusca i contorni della paternità attraverso l'appropriazione, e che fa un uso significativo del mezzo per evitare il mero consumo del testo, realizzando esperienze impensabili.
In "Getting Inside Kerouac's Head" (2010) Simon Morris ha copiato, giorno dopo giorno, il libro di Jack Kerouac "On the Road", mentre Goldsmith ha trascritto il New York Times del 1 settembre 2000.
In realtà, queste tecniche di poesia concettuale e il lavoro di Paula Doepfner stanno ampliando il campo della scrittura e creando nuove forme di espressione per una maggiore consapevolezza.

Leggi tutto Chiudi